Rosarno, tragedia nella tendopoli
SAN FERDINANDO (REGGIO CALABRIA) – Si chiamava Sekine Traore, aveva 27 anni ed era originario del Mali. Era uno dei tanti lavoratori stagionali che vivono in condizioni disumane nella tendopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, insieme ad altre centinaia di persone. Stamane, tra Sekine Traore ed altri due lavoratori di nazionalità africana che vivono al campo è scoppiata una lite per futili motivi. Traore, con un coltello da cucina, ha ferito gli altri due uomini che naturalmente hanno cercato di difendersi. Intanto gli altri immigrati del campo hanno allertato i carabinieri. I militari, sono prontamente intervenuti ed hanno subito cercato di calmare Traore che, sembra, fosse in evidente stato di alterazione psicofisica e continuava a tenere in mano il coltello, minacciando chiunque gli si volesse avvicinare. Intanto all’accampamento arrivava una seconda pattuglia dei carabinieri ed una della polizia di Stato. Né i militari, né gli agenti sono riusciti a tranquillizzare Traore che non si è limitato a minacciare ma ha iniziato a lanciare pietre e si è poi anche avventato sugli uomini delle forze dell’ordine, colpendo un carabiniere al volto, all’altezza dell’occhio destro.
Gli altri uomini dell’arma e della polizia hanno cercato di allontanarlo ma ogni tentativo è stato vano. Traore ha cercato di scagliarsi ancora una volta contro il carabiniere ferito che ha reagito sparandogli contro un colpo all’addome; l’immigrato è stato trasportato d’urgenza all’ospedale di Polistena dove è deceduto. Gli altri carabinieri e poliziotti hanno riportato lesioni varie. Questa in sintesi la cronaca della terribile vicenda su cui sono in corso gli approfondimenti della polizia giudiziaria.
I commenti. “Sejkine Traore io, noi tutti lo conoscevamo bene. Era certamente un bravo ragazzo, forse un po’ debole, fragile. Il suo cruccio più grande era quello di trovare un lavoro stabile, in modo da poter guadagnare qualcosa per se stesso e mandare anche qualche soldo a casa, ai familiari. Noi operatori della Caritas e tutti i volontari che operano alla tendopoli, siamo profondamente addolorati per quanto accaduto”. A parlare così è don Vincenzo Alampi, diacono della diocesi di Opido-Palmi che da diversi svolge il suo servizio diaconale nella tendopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro.
Don Vincenzo, appena ricevuta la notizia si è recato alla tendopoli “dove in queste ore regna un’atmosfera di paura e preoccupazione – racconta il diacono –. Purtroppo si è trattato di una lite nata per futili motivi che si è trasformata in tragedia. Noi operatori Caritas e i tanti volontari delle associazioni impegnate nella tendopoli siamo comunque dalla parte delle forze dell’ordine, così come lo sono gli altri lavoratori che vivono nell’accampamento; attualmente sono circa 400 persone, tutti uomini e tre donne. Si tratta di 16-17 nazionalità diverse che finora sono riuscite a convivere insieme, nonostante le tantissime difficoltà”. Per don Alampi, il vero problema di tutti gli stagionali della piana e non solo della tendopoli è la sicurezza lavorativa. “Il mangiare e il vestire sono assicurati – sottolinea il diacono – quando loro non lavorano ci siamo noi che sopperiamo ad ogni carenza. Noi non li lasciamo mai da soli. A queste persone, però, servono certezze, per se stessi e per le loro famiglie che sono rimaste nei loro paesi d’origine. La certezza, la fiducia, gliela può dare solo un lavoro degno di questo nome”.
La Flai-Cgil interviene sull’accaduto e chiede che si convochi immediatamente un tavolo di coordinamento territoriale, così come previsto dal protocollo siglato con diversi ministeri. “Quanto avvenuto oggi nella tendopoli di San Ferdinando, ci colpisce e lascia sgomenti – ribadisce Ivana Galli, segretaria nazionale Flai-Cgil – Il gravissimo episodio, nel quale ha perso la vita un giovane bracciante straniero ed un carabiniere è stato ferito, evidenzia la situazione, ormai e di nuovo al limite, che si registra nelle tendopoli e nei ghetti che ospitano migliaia di braccianti stranieri che stanno lavorando nei campi per la campagna di raccolta estiva o che soggiornano senza trovare alcuna occupazione”. Galli insiste: “Lo abbiamo detto e denunciato più volte: il tema dell’accoglienza di tanti lavoratori stranieri non è un tema secondario. Tanti lavoratori sono costretti a vivere, anzi sopravvivere, in condizioni esasperanti dal punto di vista alloggiativo, per la mancanza di servizi, di trasporto e accesso a beni di prima necessità. In questo clima si generano situazioni come quella tragica che si è consumata poche ore fa e sulla quale attendiamo di sapere l’esatta dinamica dei fatti. Pertanto si richiede con urgenza la convocazione del tavolo di coordinamento territoriale previsto nel Protocollo sottoscritto il 27 maggio con i ministeri dell’Interno, Mipaaf, Lavoro, che prevede l’attivazione di misure per l’accoglienza e l’integrazione dei lavoratori immigrati. Misura importante anche per stemperare le tensioni sociali”. (Agenzia Redattore Sociale)