Salute digitale: dove finiscono i dati delle app?
MILANO – Dal battito cardiaco al sonno: con uno smartphone e un’app, scaricabile facilmente in pochi secondi, possiamo monitorare quel che fa il nostro corpo. Ma dove finiscono i dati? E che uso ne viene fatto? Il mensile Altreconomia ha cercato di dare una risposta a queste domande con un’inchiesta, pubblicata sul numero di giugno, sul mercato del mobile-health, che nel mondo sta crescendo del 30 per cento e nel 2020 potrebbe valere 60 miliardi di dollari. In Italia, il 10% della popolazione utilizza già un’app o un device legato al tema del benessere o della salute. “Il cuore di questo mercato sono i nostri ‘dati’ -scrive Luca Martinelli, autore dell’inchiesta-, quelli che mettiamo gratuitamente a disposizione dei soggetti proprietari delle applicazioni che misurano i parametri vitali: il loro valore è, ad oggi, incalcolabile“. Tra i big di questo settore ci sono Technogym, Nokia, Runtastic e Fitbit. E anche le assicurazioni si stanno buttando in questo business.
Secondo Antonello Soro, Garante per la protezione dei dati personali, “le società che offrono applicazioni attraverso le quali vengono raccolte informazioni sulla salute spesso non informano in maniera chiara e trasparente gli utenti riguarda all’uso che faranno dei loro dati”. Non solo. “Moltissime di queste società hanno sede in Paesi con legislazioni meno garantiste di quella europea e utilizzano sistemi di cloud sulle cui misure di sicurezza si conosce ben poco -aggiunge Soro intervistato da Altreconomia-. Tutto questo comporta un campo di rischio piuttosto alto, soprattutto quando si tratta di dati legati alla salute delle persone”. La soluzione? Sono necessarie norme e accordi internazionali più adeguati. Ma intanto il primo passo spetta a chi utilizza app e device: occhio ai “termini e condizioni” dei servizi, bisogna leggere per bene tutto e capire a che fine faranno i nostri dati. (Agenzia Redattore Sociale)