Sanità, la corruzione costa 6 miliardi l’anno
La corruzione in sanità sottrae fino a 6 miliardi l’anno all’innovazione e alle cure dei pazienti. E in una azienda sanitaria su tre (37%) si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi 5 anni, che non sono stati affrontati in maniera appropriata. Lo affermano i dirigenti delle 151 strutture sanitarie che hanno partecipato all’indagine sulla percezione della corruzione, realizzata da Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc. I dati, contenuti nel rapporto ‘Curiamo la corruzione’, sono stati presentati oggi a Roma, presso il Tempio di Adriano, in occasione della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità.
Il 77% dei dirigenti sanitari ritiene che ci sia il rischio concreto che all’interno della propria struttura si verifichino fenomeni di corruzione (e questo rischio e’ giudicato elevato dal 10% di loro). Due sono gli ambiti che si prestano maggiormente alle pratiche corruttive: quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale. Al primo posto, l’83% dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66% nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31% sottolinea la possibilità che si seguano scorciatoie illecite nelle assunzioni.
Molto, però, è stato fatto negli ultimi anni per prevenire i casi di corruzione in ambito sanitario. “Il 97% delle strutture sanitarie- hanno fatto sapere- ha adottato uno specifico codice di comportamento dei dipendenti integrativo rispetto a quello previsto per i dipendenti pubblici; il 93% ha predisposto un regolamento per le procedure d’acquisto; il 92% afferma che nella propria struttura esistono procedure trasparenti per l’aggiudicazione degli appalti; l’85% ha previsto procedure per la segnalazione di casi di corruzione e azioni a tutela dei dipendenti che le effettuano (i ‘whistleblower’)”. L’esame dei Piani anticorruzione (previsti dalla legge 190/2012) di 230 aziende sanitarie rivela però che “nel 40% dei casi si sono limitate a un adempimento formale dell’obbligo di legge, non inserendo all’interno del Piano né l’analisi dei rischi di corruzione né le misure di prevenzione”.
Emerge ancora dall’indagine che “il 33% ha svolto un’analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo. Probabilmente anche per questo- hanno sottolineato- il 35% dei dirigenti sanitari ritiene che il Piano non impatti in maniera decisiva sulla diffusione della corruzione”. La sanitò intanto ‘fa gola’ anche per l’ingente valore della spesa pubblica, “pari a 110 miliardi di euro l’anno”, mentre le voci di spesa per beni e servizi che non incidono direttamente sull’assistenza sanitaria e non sono collegati all’efficacia dell’intervento, “come quelle per la mensa, la lavanderia e la gestione dei rifiuti speciali, assorbono risorse consistenti”.
Dall’analisi dei conti economici di Asl e aziende ospedaliere emerge infine che “dal 2009 al 2013 gli sprechi in questi settori sono diminuiti in media del 4,4% l’anno, ma la loro incidenza rispetto alla spesa complessiva non si è ridotta. Tali sprechi nelle spese non direttamente collegate all’efficacia delle cure ammontano a 1 miliardo di euro l’anno: risorse- hanno concluso- che potrebbero essere altrimenti destinate alla salute dei pazienti”.
“Penso che la sanità, per l’enorme giro d’affari che ha intorno, non può essere sottovalutata ed è un terreno di scorribande per delinquenti di ogni tipo. Abbiamo comunque una sanità che assicura standard elevatissimi, ma la corruzione abbassa anche il livello dei servizi”. Così il presidente dell’Anac (Autorità nazionale Anticorruzione), Raffaele Cantone.
“Sui numeri sarei molto cauto- ha proseguito commentando le cifre relative alla corruzione in sanità- ma credo però che ci sia un problema molto significativo sia di sprechi sia di fatti corruttivi. Siamo intervenuti mettendo in campo un nuovo piano anticorruzione, concordato anche con i tecnici del ministero della Salute, e prossimamente firmeremo un altro protocollo per andare a controllare come i piani anticorruzione vengono applicati dalle singole Asl. Non si può intervenire solo con la repressione, ma mettendo in campo una serie di strumenti preventivi– ha concluso- che cambino la mentalità”. (DIRE-Agenzia Redattore Sociale)