Scuola, il dramma dei lavoratori Co.Co.Co.
CROTONE – Un documento di denuncia con precise richieste. Lo ha scritto e indirizzato al Ministro dell’Istruzione Leonardo del Giudice, presidente del Comitato Lavoratori Co.Co.Co. Scuola D.M. 66/2001 dopo la manifestazione del 15 giugno scorso che ha chiamato a raccolta a Roma centinaia di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa presso le istituzioni scolastiche statali, per tornare a chiedere la stabilizzazione delle posizioni lavorative.
Nel documento, il Comitato torna a chiedere al Ministro Giannini “l’attivazione urgente di un percorso di stabilizzazione Full-Time di tutti i lavoratori co.co.co. di cui al D.M. 66/2001 (occupando i posti liberi in organico accantonati e dislocando le unità eccedenti presso gli uffici periferici dell’amministrazione U.S.R. ed A.T. dove risulta difficile la dislocazione presso altre istituzioni scolastiche con posto in organico libero come da tabella esemplificativa alla presente allegata)” oltre che “condizioni di garanzia in materia di previdenza”.
Una situazione denunciata ormai da mesi con diverse lettere indirizzate ai rappresentanti delle istituzioni, quella che vivono 890 lavoratori circa, a fronte dei 970 iniziali, distribuiti sul territorio nazionale nelle regioni Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Abruzzo e Marche. “Essi assicurano il funzionamento delle segreterie nelle istituzioni scolastiche – scrive Del Giudice – e ricoprono posti vacanti in organico appositamente accantonati previsti da Decreti Ministeriali, Decreti Interministeriali e dal Decreto del Presidente della Repubblica 199/09 e svolgono funzioni e mansioni ATA”.
Si tratta dunque di risorse preziose per la Scuola italiana, eppure vengono considerati invisibili, fantasmi. Senza quei diritti che spetterebbero loro. “Vivono il dramma della precarietà da 27 anni, di cui 16 nelle istituzioni scolastiche, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa annualmente prorogato ininterrottamente dal 1 luglio 2001 ad oggi con apposita voce di bilancio prevista dalle norme in essere. Tale condizione di precarietà ha determinato e determina una questione sociale molto seria non solo nello svolgimento dell’attività lavorativa ma anche sotto l’aspetto economico e sociale determinando nel suo assetto generale: disparità di trattamento fra lavoratori che svolgono le stesse funzioni e mansioni; diseguaglianza nella tutela dei diritti dei lavoratori; violazione delle norme in essere”.
La condizione di precarietà va avanti da quasi 30 anni, dunque, e la stabilizzazione diventa sempre più un miraggio. A ciò si aggiunge anche la beffa dei contributi previdenziali: “il lavoratore che ha compiuto i 65 anni se vuole andare in pensione percepirà una indennità pensionistica di €. 223,37. Se le condizioni di salute lo permetteranno lavorerà fino a 70 anni e la sua pensione sarà di €. 318,13 sempre che i suoi contributi previdenziali ricoprano l’intero periodo lavorativo, ma così non è in quanto da 4 anni non si raggiunge nei versamenti contributivi il minimo contributivo previdenziale previsto dalla circolare dell’INPS, questo è il vero dramma del lavoratore co.co.co. D.M. 66/2001 che è proiettato in una assurda POVERTA’. Spostando l’indagine nella fascia più giovane dei lavoratori co.co.co., 50 anni, la situazione varia di poco, infatti, chi oggi ha 50 anni nel 2031 quando avrà compiuto 65 anni di età percepirà una pensione di €. 507,65”.
Redazione