Scuola, la protesta ignorata dei Co.Co.Co.
Protestano da due mesi, all’ombra dei proclami sulla cosiddetta “Buona Scuola”. Sono i 900 lavoratori Co.Co.Co. scuola D.M. 66/2001 della Sicilia, della Calabria, della Puglia, della Campania, del Lazio, dell’Abruzzo e della Sardegna. Un piccolo esercito di precari con funzioni e mansioni ATA di Assistente Amministrativo in servizio presso le scuole statali italiane.
Simbolo di una lotta pacifica per il riconoscimento dei propri diritti è diventata una maglia bianca, che i lavoratori indossano sul posto di lavoro. Il marchio degli esclusi. Già, perché per loro la stabilizzazione è un miraggio e l’accesso ai concorsi pubblici una chimera. Ed è per questo che hanno deciso di portare avanti una protesta pacifica ma determinata “fino a quando il M.I.U.R. non definirà nei termini, nei modi ed i tempi della loro procedura di stabilizzazione attraverso la loro immissione in ruolo Full-Time”.
Anni di servizio e di sacrifici inutili, perché, ad esempio “oltre alla irrisoria indennità pensionistica che sarebbe loro attribuita alla fine della loro attività lavorativa – che li condanna alla totale miseria – non hanno garantito il minimo contributivo dovuto ai fini previdenziali previsto dalla circolare Inps cioè su 12 mesi di lavoro non tutti e 12 sono coperti ai fini pensionistici lavoro assimilabile al lavoro nero”.
E poi c’è il paradosso di non poter partecipare alle prove concorsuali, che darebbero loro l’opportunità di veder stabilizzata la loro posizione contrattuale. Invece, rischiano di restare precari a vita. Anche dopo 27 anni di lavoro, come quelli che ha sulle spalle Leonardo Del Giudice, presidente del “Comitato Lavoratori Co.Co.Co. Scuola D.M. 66/2001”, 16 dei quali da precario, appunto.
Oltre a non aver mai percepito la tredicesima, a non aver diritto al TFR, ad avere una retribuzione ridotta sistematicamente ogni anno, ora “i lavoratori ora non percepiscono stipendio da dicembre, stipendi che vengono pagati con puntuale enorme ritardo” scrive Del Giudice sulla sua pagina Facebook.
Nei giorni scorsi, Del Giudice ha scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e oggi ha inviato una lettera anche al presidente della Camera, Laura Boldrini. Nella missiva, dopo aver spiegato nei dettagli la situazione, il presidente del Comitato auspica un intervento affinché il Parlamento e il Governo si interessino alla vicenda di queste 900 famiglie italiane che “lo Stato indifferente sta portando alla soglia della povertà”.
In fondo, chiede Del Giudice nella lettera: “Quale colpa ha il lavoratore per trovarsi oggi in queste condizioni? Perché gli è stato impedito ripetutamente dall’apparato burocratico, per 16 anni, di partecipare ad un pubblico concorso del personale ATA di cui al T.U. 297/94? Dove sta il fondamento giuridico che legittima queste condizioni?”.
900 famiglie attendono risposta.
Francesca Caiazzo