Se le notizie non valgono un pallone
CROTONE – La Ndrangheta non c’entra. Gli investigatori, nonostante non escludano alcuna pista, sono convinti che l’origine delle minacce ricevute dai dirigenti dello Sporting Locri vada cercata altrove. E, in effetti, gli atti delle indagini non sono stati trasmessi all’antimafia di Reggio Calabria. Dunque, non ci sarebbe la criminalità organizzata dietro a quei bigliettini intimidatori indirizzati al presidente della società, Ferdinando Armeni, che ha presentato denuncia ai carabinieri.
Ieri, le ragazze della squadra di calcio a 5 sono tornate in campo, regolarmente. Hanno sentito la solidarietà del mondo dello Sport a tutti i livelli e della politica. E ora, attendono fiduciose che sull’accaduto si faccia chiarezza.
Una storia contorta, in realtà. Che avviene in una Calabria, dove minacce ben più pesanti sono all’ordine del giorno, senza che però Istituzioni e cittadini sentano lo stesso scatto di orgoglio, la stessa, incontenibile voglia di stare accanto a chi le subisce.
Niente manifestazioni né proclami, giusto qualche comunicato stampa, per i proiettili ricevuti qualche giorno prima di Natale dai giornalisti Pietro Comito e Francesco Mobilio, e dell’avvocato Marco Talarico. Nessuna manifestazione sotto l’abitazione del cronista Pasqualino Rettura, la cui auto è stata data alle fiamme due giorni fa. E cosa dire delle offese indirizzate da alcuni abitanti di Platì alla collega Francesca Lagatta, rea di aver associato la cittadina alla Ndrangheta. E poi ci sono Alessia Candito, Michele Inserra, Michele Albenese, Claudio Cordova e tanti altri. Giornalisti che qualcuno definirebbe con la schiena dritta, di quelli che non si fermano davanti né ai mafiosi né ai colletti bianchi.
Silenzio quasi totale sull’incendio che ha distrutto lo scuolabus di Martone, nel reggino.
Non scomodiamo, per il momento, i numerosi testimoni di giustizia. Spremuti, usati e spesso abbandonati dallo Stato. Emarginati, spesso, dai loro stessi concittadini. Sotto continuo tiro dei criminali e compari contro i quali hanno puntato il dito, senza paura, nelle aule dei tribunali. Prima di Natale avevamo giusto raccontato la storia di Tiberio Bentivoglio e del comitato che raccoglie fondi per aiutarlo a non chiudere l’attività.
Per il circo dell’antimafia e del perbenismo, sempre alla ricerca di facili consensi, una squadra sportiva è più allettante e conveniente di quattro cronisti che cercano la verità o di un pulmino ridotto a ferro vecchio. D’altronde, gli italiani, il calcio lo amano, e sono più quelli che riempiono stadi e palazzetti dello sport che quelli che comprano un giornale o che si informano online, sui siti di testate giornalistiche vere. Le notizie, soprattutto quelle scomode per la politica e per chi la rappresenta, non valgono un pallone che rotola. In fondo, il giornalista certi guai se li va a cercare.
Sono l’unica a ritenere che tutto il rumore fatto per le ragazze dello Sporting Locri, seppur legittimo, stoni nel silenzio surreale che avvolge la Calabria tutti i santi i giorni?
Francesca Caiazzo