Sfruttati, minacciati e ora anche ignorati: giornalisti calabresi, vittime di noi stessi

CROTONE – Altro che quarto potere. I giornalisti calabresi non contano alcunché. A nulla sono valse le richieste di annullamento della manifestazione di interesse pubblicata il 3 dicembre scorso dalla Regione Calabriaper la formazione di un elenco per il conferimento di incarichi di componente dell’ufficio stampa della giunta regionale a personale esterno tra cui un cinefotoreporter”.

Contro la mancata trasparenza della procedura, che non prevede alcuna prova da superare se non quella di piacere al presidente Mario Oliverio, il quale sceglierà direttamente i colleghi, si erano alzate le voci della FNSI, dell’Ordine dei giornalisti della Calabria e del Movimento Giornalisti d’azione. Tanti anche i colleghi che indignati avevano espresso dubbi e perplessità sui social network, dando vita a un acceso dibattito.

Ebbene, sulla scrivania di Oliverio sono arrivate 197 candidature, un centinaio delle quali ritenute “non ammissibili”. L’elenco dei colleghi che hanno inviato il proprio curriculum è stato pubblicato oggi sul sito della Regione Calabria. Non sono note le modalità con cui il governatore effettuerà le sue scelte, né si conoscono i tempi entro i quali saranno sottoscritti eventuali contratti, né ancora è specificata la durata dell’impiego dei giornalisti nell’Ufficio Stampa della Giunta Regionale.

Insomma, cari colleghi, facciamocene una ragione. Le nostre opinioni non contano. La nostra voce non arriva, si perde nel silenzio che noi stessi alimentiamo. E la colpa è nostra. Non siamo autorevoli. Men che meno credibili. Non per le istituzioni, delle quali dovremmo romanticamente essere i famigerati ‘cani da guardia’. Quando diamo fastidio, nella migliore delle ipotesi, basta una querela intimidatoria con la richiesta di risarcimenti esorbitanti per farci smettere di abbaiare. Nella peggiore, siamo destinatari di pallottole. Vere. Inviate per posta. O sparate direttamente sull’auto o sul portone di casa. In questo caso è bastato ignorarci. Semplicemente.

Ma non illudiamoci, non siamo eroi. Siamo contemporaneamente vittime e carnefici di noi stessi. Di questa nostra categoria fatta di tesserini da esibire, di firme da esporre e di volti da inquadrare. E che, da queste parti, non conta più. Neanche i soldi sappiamo più contare. Perché in tanti, in troppi, lavorano gratis svendendosi in cambio di una speranza. Che in realtà, in cuor nostro lo sappiamo, è una tremenda bugia.

Li chiamano freelance, in realtà sono schiavi. E pure invisibili, visto che nei giorni scorsi lo stesso Matteo Renzi ha negato che in Italia ci siano giornalisti sfruttati, pagati poche centinaia di euro al mese per un lavoro che richiederebbe invece un regolare contratto di assunzione.

Siamo vittime dei titoli sensazionalistici, delle battute a centesimo, dei comunicati stampa, delle conferenze stampa. Forse anche delle raccomandazioni e della ‘Ndrangheta. Sì, anche degli editori. Ma soprattutto siamo vittime dei nostri sogni e della nostra maledetta passione.

Raccontiamo tutto di tutti. Ma di noi, chi si occuperà mai?

Francesca Caiazzo