Siria, la Mezzaluna curda: con l’ospedale a Raqqa torna la speranza
“La nostra regione continua a presentare bisogni seri dal punto di vista sanitario, ma l’ospedale funziona, c’è personale e ci sono anche le apparecchiature”, evidenzia il coordinatore della Mezzaluna rossa
Finalmente gli abitanti della regione di Raqqa, “colpita duramente dalla guerra civile siriana e dall’occupazione del gruppo Stato islamico”, possono usufruire di un ospedale pediatrico. Un punto di riferimento per la popolazione locale, a maggior ragione ora che si è manifestato un focolaio di colera. A sottolinearlo sono Mahmoud Al Bozo, il team leader dell’ospedale, che si chiama ‘Al Hilal’, e il coordinatore regionale della Mezzaluna rossa curda (Krc), Baha Helal.
La sua organizzazione è uno storico partner della ong italiana Un Ponte Per e, insieme con l’altra ong locale Doz, lo è stata anche nell’ambito del progetto Darna, letteralmente “La nostra casa”. L’iniziativa, finanziata dalla Cooperazione italiana, è partita nel 2018 e in quattro anni è riuscita a rimettere in piedi una struttura che era stata completamente distrutta dai miliziani dell’Isis. Il gruppo armato aveva scelto Raqqa, situata nel nord-est siriano a maggioranza curda, come propria capitale fra il 2014 e il 2017. “Ora però tutto è cambiato”, premette Helal in un’intervista con l’agenzia Dire. A contribuire al cambiamento c’è stata sicuramente l’iniziativa Darna. Nella cornice del progetto, lo scorso primo settembre, Un Ponte Per e la Krc hanno consegnato la gestione della struttura alle autorità locali, il Comitato locale per la salute a guida arabo-curda. “La nostra regione continua a presentare bisogni seri dal punto di vista sanitario, ma l’ospedale funziona, c’è personale e ci sono anche le apparecchiature”, evidenzia il coordinatore della Mezzaluna rossa. Oltre ai locali ambulatoriali, Al Hilal mette a disposizione anche “spazi sicuri” all’esterno dell’ospedale, dedicati a donne, adolescenti e minori sopravvissuti o a rischio di violenza di genere. Oggi 45 pazienti sono ricoverati o curati dall’ospedale. Nelle scorse settimane, riferisce Al Bozo, prima che venisse allestito un centro specifico in una struttura già servita come centro per il trattamento del Covid-19, la struttura “ha accolto e curato alcuni pazienti affetti da colera e ne ha ricoverato uno che poi è guarito completamente”. I primi casi di questa infezione, che può portare rapidamente alla morte se non individuata in tempo, si sono registrati alla fine di agosto, come rende noto l’iniziativa Reach, progetto in Siria dell’organizzazione svizzera Impact. L’allarme colera conferma la centralità di Al Hilal, che conta, fra le altre cose, su 30 incubatrici e 80 posti letto per bambine e bambini completamente equipaggiati su due piani. Il team leader della struttura, ora che è stato effettuato il passaggio di consegne alle autorità locali, esprime riconoscenza e allo stesso tempo lancia un appello: “Non possiamo che dire grazie alle organizzazioni che hanno reso tutto questo possibile, ma è importante che i donatori internazionali non dimentichino questa crisi e continuino a sostenerci”. (