Trivelle, il mare è in pericolo
ROMA – “C’è bisogno di coerenza e concretezza. Il Governo deve chiarire le sue intenzioni in attesa del parere della Corte Costituzionale sui quesiti referendari ancora in forse. Nonostante il dietrofront del Governo sulle estrazioni petrolifere con l’emendamento alla legge di stabilità, molti rischi minacciano ancora il mare italiano”.
Con queste parole la presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni, torna a chiedere chiarezza e concretezza a un Governo che dichiara in un senso e agisce in un altro, inserendo emendamenti anti trivelle nella legge di stabilità e rilasciando subito dopo (fine dicembre 2015) un nuovo permesso di ricerca a largo delle isole Tremiti.
Il nostro mare continua a essere in pericolo. Sono oltre 127mila i kmq di mare in cui 13 compagnie petrolifere, di cui 6 italiane e 7 straniere, intendono avviare attività di ricerca e prospezione per fini petroliferi. I permessi di ricerca attualmente rilasciati, dall’Adriatico al Canale di Sicilia passando per lo Ionio, sono 16 (compreso l’ultimo della Petrceltic rilasciato dal MISE a fine anno e che riguarda 373 kmq di mare vicino le isole Tremiti), per un totale di 6.327 kmq, cui si aggiungono le 38 richieste di permesso di ricerca per un totale di 23.739 kmq e le 8 istanze di permesso di prospezione per circa 96.585 kmq, oltre le 5 richieste di concessione per l’estrazione di petrolio per ulteriori 558,7 kmq. Senza dimenticare le due richieste di nuove piattaforme petrolifere Vega B di Edison nel canale di Sicilia e Ombrina di Rockhopper a largo della costa teatina in Abruzzo.
La Cassazione ha riammesso il quesito referendario sul divieto delle attività petrolifere entro le dodici miglia e quindi la questione relativa al mare rimane aperta. Secondo la sentenza della Corte l’emendamento del Governo alla legge di stabilità ripristina il divieto ma lascia ancora aperte alcune questioni determinanti. In particolare sospende e non annulla le richieste avanzate dalle compagnie e rimane vago sulla scadenza dei titoli già rilasciati.
“In attesa del parere della corte costituzionale anche sugli altri quesiti prevista per il 13 gennaio – ha concluso Muroni -, chiediamo al Governo di abbandonare la Strategia Energetica Nazionale (SEN), pro-fossili, prendendo finalmente la strada maestra di un Piano per il clima e l’energia che punti alla decarbonizzazione dell’economia, perché le scelte energetiche, per i loro importantissimi effetti che hanno sul clima, non possono essere gestite con norme spot contraddittorie, ma meritano di essere inserite in un disegno più organico. Si tratta anche di una questione di coerenza visti gli impegni presi alla Cop 21 di Parigi. Non si può predicare bene a livello internazionale e poi in Italia fare il contrario. Considerando che le riserve petrolifere individuate nei nostri fondali coprirebbero il fabbisogno nazionale di petrolio solo per 7 settimane mentre pesca e turismo rappresentano due settori preziosi per l’economia nazionale, chiediamo di attivare subito una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi”.