Ucraina, la cyberwar e il (non) problema Kaspersky, parla l’esperto

Foto: Christiaan Colen

La guerra in Ucraina non è (solo) una guerra cibernetica, ma è fatta di carri armati, cecchini e scontri armati. Questo però non vuol dire che il digitale non sia entrato in questo conflitto. Ma ci sono stati due approcci completamente diversi: da una parte Putin che ha abiurato alla tecnologia, in alcuni casi ha provato anche a mettere a tacere i social, facendo affidamento su 200mila uomini e tanti mezzi armati, dall’altra parte Zelensky con pochi uomini, pochi mezzi e che anche per questo ha deciso di utilizzare i social come un’arma. Un’arma per isolare Putin e trovare consensi.

“Tutti ci aspettavamo fin dall’inizio un’azione forte da parte della Russia a livello di cyberwar quindi azioni attraverso hackeraggi, virus, blocco di database di infrastrutture informatiche dell’Ucraina e probabilmente hanno anche tentato di farlo- ha dichiarato il presidente di Anorc Professioni Andrea Lisi- Inizialmente sembrava dovesse essere una guerra lampo, considerate anche le forze in campo, in cui la Russia avrebbe fisicamente e digitalmente eliminato l’Ucraina”.

Circostanza che almeno nel primissimo periodo della guerra è accaduta. “Le infrastrutture ucraine sono andate in crash e oggi moltissime armi ucraine sono state bloccate, ma per come si sta sviluppando adesso la guerra è molto più complessa di come l’aveva immaginata inizialmente Putin” ha aggiunto Lisi.

E secondo Lisi il motivo è da ricercare nelle “contromisure che Zelensky ha affidato a un’altra modalità del digitale che è stata inaspettata: trasformare una guerra fisica e una (più ‘tradizionale’) cyberwar in mano ad hacker in una guerra soprattutto di comunicazione. L’abilità di Zelensky e del suo gruppo di comunicazione è stata quella di sfruttare i canali di comunicazione soprattutto quelli social contro Putin”.

Putin ha risposto “da monarca- ha evidenziato Lisi- cercando di chiudere a chiave ciò che non è possibile segregare. Però il bello dei social è che sono anazionali e non hanno confini territoriali, la comunicazione non è comprimibile. Lo stesso Twitter quando hanno provato a bloccarlo ha trovato delle contromisure per continuare a essere efficace su canali alternativi all’interno della Russia”.
In Italia è scattato l’allarme Kaspersky l’antivirus russo che potrebbe essere una porta di accesso che renderebbe facilmente utilizzabile per ‘bucare’ i sistemi di sicurezza delle nostre Pubbliche amministrazioni. “Oggi per il nostro Paese il problema non è (soltanto) Kaspersky, ma è molto più ampio e complesso – ha dichiarato Lisi- infatti, secondo delle recenti analisi dell’Agenzia per l’Italia digitale le piattaforme Cms delle Pubbliche amministrazioni non sono aggiornate, quindi le falle non dipendono dagli antivirus russi, ma dal fatto che l’intera filiera non è aggiornata. Forse l’Europa a livello di infrastruttura, di cloud, di sistemi antivirus, di soluzioni dovrebbe iniziare a investire di più sul digitale. Avere soluzioni proprie, europee, che favoriscano la libera circolazione dei dati, ma anche la sicurezza a livello europeo, perché non è soltanto un problema nazionale”.