Ue stretta dai nazionalismi: “Più che crisi dei rifugiati è in crisi la solidarietà fra Stati”
BRUXELLES – Nei giorni in cui si sente bussare alla porta la pressione della crescita dei nazionalismi, a Bruxelles il coro è quasi unanime: più che una crisi dei rifugiati è una crisi della solidarietà europea. “Ci sono forti spinte verso gli Stati nazionali, i partiti estremisti di destra esistevano anche prima della crisi dei rifugiati e in un mondo interdipendente e complesso è molto più semplice raccontare favole per semplificare il discorso – ha detto ieri il presidente dell’europarlamento Martin Schulz – questi partiti dicono che dobbiamo avere soluzioni nazionali invece che una risposta europea, la mia risposta è che solo la cooperazione fra Stati può essere una soluzione perché la migrazione è un problema europeo. Abbiamo bisogno di cooperazione perché molti rifugiati stanno arrivando e non possiamo garantire di fermare il flusso. Vediamo un enorme flusso di rifugiati che fuggono dal terrorismo e dal regime di Assad che attacca le persone in Iraq, Siria e in Europa. Dobbiamo dare l’asilo politico a queste persone. Ma non abbiamo spazio per tutti, per cui dobbiamo esaminare ogni caso individuale. Un milione di persone divise fra 28 stati membri non è un problema, se riduciamo il numero degli Stati si crea il problema. L’Unione europea è forte solo quanto gli Stati membri le permettono di essere”.
Chiudere le frontiere, chiuderle in parte, escludere alcuni Stati dalla libera circolazione con una sorta di “Mini-Schengen” non sembrano soluzioni praticabili. “L’Europa non è una fortezza, alcuni membri si comportano come se lo fosse – afferma Schulz- altri come la Germania, l’Austria e la Svezia stanno accogliendo i rifugiati. Ma non possiamo gestire questo flusso senza un ricollocamento dei profughi. Reintrodurre sistematici controlli alle frontiere su cui il Front National fa propaganda, significa che i transfrontalieri che attraversano il confine ogni giorno non potrebbero neanche più andare a lavorare. Questo è un gioco nazionale.L’Europa ha fallito? No, l’Europa non è responsabile dell’integrazione nelle banlieue parigine”. Sull’accordo con la Turchia, Schulz ha affermato: “La Turchia tratta i siriani molto meglio di alcuni stati europei. Ci sono stato e ho visto bene, la Turchia tratta i rifugiati con grande rispetto”.
La Commissione nel 2015 ha costituito tre fondi fiduciary (trust) per la cosiddetta “solidarietà esterna” che secondo gli osservatori più critici si traduce in una esternalizzazione delle frontiere per cercare di impedire ai migranti di arrivare bloccandoli nei Paesi d’origine e di transito. Uno è per la crisi siriana e ammonta a un miliardo, di cui la metà esce dalle casse comuni e il resto deve essere pagato dagli Stati membri che a oggi hanno versato solo 49 milioni; un altro di ‘emergenza’ per l’Africa pari a un miliardo e 800 milioni e uno di tre miliardi per la Turchia, di cui 500 milioni provengono dall’Ue e il resto dagli Stati membri. “L’Ue vive una crisi per mancanza di un modello di solidarietà” dice anche Josè Fernandes, eurodeputato portoghese dei popolari e co-rapporteur per il bilancio 2016, ricordando che gli Stati membri non rispettano gli impegni economici che prendono e che “per una situazione straordinaria servono risorse straordinarie”.
Molto critici su questi accordi con la Turchia i Cinque Stelle che contestano il principio “aiutiamoli a casa loro” senza guardare a chi si danno i soldi. “Si cerca di spostare i fondi per lo sviluppo dati all’Africa in fondi per l’esternalizzazione delle frontiere – dice l’eurodeputato pentastellato Ignazio Corrao – stiamo regalando tre miliardi a Erdogan, uno pseudo –dittatore, senza garanzie, perchè è chiaro che in Turchia non sono rispettati i diritti fondamentali”.
In questi giorni il giro di vite sui migranti in Turchia, seguito agli accordi, sta rendendo più difficili e pericolose le rotte dei migranti siriani. Diversa la posizione di Cécile Kyenge (gruppo dei socialisti e democratici) che afferma: “L’accordo on è sufficiente ma bisogna aiutare la Turchia con i profughi, chiedendo anche il rispetto dei diritti umani”. Ma anche secondo l’eurodeputata italocongolese, “la vera crisi è l’impasse politica in cui si trova l’Europa, è il muro degli egoismi degli Stati membri che si ostinano a non vedere una strategia comune”. Kyenge si dice favorevole a stabilire delle quote “come passaggio verso un meccanismo permanente di solidarietà a livello europeo”, ma insiste “sulle vie legali per togliere i migranti dalle mani dei trafficanti”.
Per l’eurodeputata tedesca dei Verdi Ska Keller “il problema non sono i rifugiati, ma la risposta europea ai rifugiati. Il problema sono gli Stati membri che continuano a puntarsi il dito l’uno con l’altro”. Keller fa notare una contraddizione palese: “ci sono migranti morti ogni giorno in mare ma l’Ue non hai usato la possibilità, prevista, di rilasciare il visto umanitario a queste persone e farle arrivare legalmente in Europa”. (Redattore Sociale)