Viabilità petilina, Legambiente: “Ecco come uscire dall’emergenza”
Legambiente Calabria riguardo al problema della viabilità che in questi ultimi mesi sta vivendo il territorio del petilino esprime solidarietà per i cittadini dei comuni dell’Alto Marchesato crotonese, rimasti isolati, e con forza ritorna a sottolineare come sia necessario lavorare di previsione, prevenzione e legalità.
Legambiente appoggia il locale Circolo di Petilia Policastro che ha deciso di partecipare al Consiglio comunale straordinario con seduta pubblica e aperta, che si è tenuto nella città nel pomeriggio di giorno 20, per discutere della viabilità petilina e del grave problema del dissesto idrogeologico. I punti argomentati dal Circolo nella seduta del Consiglio sono condivisi e si ritiene si debba partire proprio dalle priorità fissate da Legambiente.
L’associazione ambientalista si è presentata al Consiglio del Comune di Petilia Policastro argomentando le seguenti considerazioni:
1) Ristabilire la viabilità è la priorità nell’immediato, una comunità non può rimanere così isolata come isolata è la città di Petilia Policastro. A tal proposito l’associazione sostiene tutte le iniziative legittime che saranno intraprese per sensibilizzare e risolvere il problema.
2) Il sostegno che Legambiente dà non può essere, però, acritico; è evidente che ci siano delle responsabilità. I responsabili, in diversi decenni, sono in tanti, amministratori, tecnici, e tutti quei cittadini, che oggi “urlano” per l’isolamento, ma che hanno anteposto i loro interessi al bene comune.
3) Si condividono le riflessioni fatte, anche più volte nel passato, da Carlo Tanzi, responsabile regionale della protezione civile, che nel corso della recente diretta di RAI 3 Regionale – Buongiorno regione – ha ribadito che: “in questo territorio non si fa prevenzione; la prevenzione è a monte dell’emergenza; Petilia Policastro è una grande colata di cemento che ha cancellato fiumi, torrenti “intubati” e poi si verificano casi come quello della frana del 2015: l’acqua si riprende i propri spazi. Petilia Policastro è un paese con il 95% di costruzioni abusive, non c’è mai stato un piano regolatore, è un paese che si è sviluppato in modo improvvisato, mancano i marciapiedi. Si deve partire con gli interventi strutturali che devono mettere in sicurezza e si deve provvedere all’assenza di manutenzione delle strade”. Quelle di Tanzi sono riflessioni che da anni Legambiente ha esposto, ma che purtroppo sono rimaste inascoltate.
4) Quello che sta accadendo non lo si può definire una “calamità naturale”, determinata dai cambiamenti climatici. Il territorio è stato “massacrato” dall’abusivismo, da un immobilismo nella sua gestione/pianificazione. Idee progettuali errate, studi carenti, autorizzazioni poco ponderate, assenza di controlli, sono, purtroppo, abbastanza frequenti nel territorio.
Occorre che “i sindaci e le amministrazioni comunali si assumano la responsabilità del governo del territorio e della lotta dell’abusivismo delocalizzando ed abbattendo dove occorre, ridando ai fiumi il loro alveo naturale facendo prevenzione e manutenzione degli stessi”.
Nel passato, quando erano limitate le conoscenze tecnico-scientifiche, erano assenti gli strumenti di pianificazione territoriale ed era ridotto il consumo di suolo, prevalevano le scelte legate al buon senso, all’esperienza, alla “storia” dei luoghi. Quindi, non si possono imputare le nostre disgrazie alla sola fragilità geologica o ai sempre più frequenti eventi piovosi, estremi, definiti “bombe d’acqua”, pur in aumento a causa dei cambiamenti climatici. Il dissesto idrogeologico, che riguarda soprattutto la Calabria, è imputabile in primis ad una cattiva gestione del nostro territorio che continua a manifestarsi con l’abusivismo edilizio. Si costruisce su terreni inadatti. Si impermeabilizzano luoghi che rappresentavano le vie di naturale deflusso delle acque. Si abbandona la manutenzione della rete capillare di fossi di raccolta delle acque piovane. Si diminuisce il numero degli alberi anche nelle poche aree verdi della città.
Legambiente, oltre a riflettere sulle criticità, propone le possibili strategie d’intervento. Occorre un cambio di rotta culturale, serve una cultura di previsione e prevenzione, diffusa a vari livelli. Bisogna individuare le situazioni di rischio e adottare interventi finalizzati alla minimizzazione dell’impatto degli eventi.
Ricordiamoci che a seguito dell’alluvione di Sarno venne emanata la legge n. 267 del 3 agosto 1998 (legge Sarno) e a seguire quasi tutte le regioni italiane realizzarono il PAI – Piano di Assetto Idrogeologico – perimetrando le aree a rischio elevato o molto elevato di alluvione o di frana. Quindi bisogna evitare la costruzione nelle aree a rischio. Bisogna ridare spazio alla natura; restituire al territorio lo spazio necessario per i corsi d’acqua, le aree per permettere un’esondazione diffusa ma controllata, bisogna creare e rispettare le “fasce di pertinenza fluviale”, adottando come principale strumento di difesa il corretto uso del suolo. (Comunicato Stampa)