Viaggio in Libano: carenza servizi e insicurezza frenano i turisti
TIRO – A causa del conflitto che insanguina la vicina Siria e dell’instabilità interna, la situazione del Libano è di giorno in giorno più grave. Considerato in passato la Francia del Medio Oriente, il paese, già profondamente segnato dalle guerre civili e dai conflitti con Israele, sta scomparendo dalle cartine turistiche dei viaggiatori europei. Francesi, tedeschi e inglesi ultimamente stanno trascurando la terra dei Cedri.
Gli italiani, in particolare, fino a due anni fa assidui visitatori del Libano, hanno abbandonato quasi completamente le affascinanti rovine di epoca fenicia e romana e i tesori custoditi nelle antiche città. Degli oltre ventimila arrivi annui del 2013 (report: Tourism in Lebanon, Blominvestment Bank, 2014) non resta che un vago ricordo. Le cifre di arrivi dal Bel Paese, in crescita costante dal 2007 e fino alla recente crisi siriana, sono calate drasticamente negli ultimi due anni. I viaggiatori indipendenti, da sempre una rarità, sono praticamente scomparsi. Con loro anche i tour operator, che sempre più spesso indirizzano i turisti verso mete considerate più sicure.
A tracciare il quadro della situazione, durante l’inaugurazione di un progetto di riqualificazione ambientale del sito archeologico di Tiro, realizzato grazie alla collaborazione del contingente italiano impiegato nella missione Unifil dell’Onu, è Hassan Ramez Badawi, professore di archeologia e direttore di ricerca all’Università pubblica del Libano.
«Il contesto di instabilità che sta vivendo tutto il Medio Oriente sta influendo in modo negativo sui flussi turistici generali. Se prima i visitatori italiani erano molto numerosi per un paese piccolo come il Libano, ora l’afflusso attuale conta meno di mille unità annue. Per motivi di sicurezza, le persone hanno paura di venire nel nostro Paese.»
La preoccupazione, tuttavia, non riguarda solo la guerra in Siria e la questione Isis, che a nord minacciano i confini dello Stato. A pesare sui problemi del Libano è anche la complessa crisi politico-istituzionale. Da un anno e mezzo, il difficile dialogo tra i partiti al governo impedisce persino l’elezione del presidente della Repubblica.
Una precarietà che influisce anche nell’area meridionale protetta da Unifil. Sebbene la situazione del sud continui a rimanere calma e i rapporti con Israele stiano faticosamente migliorando, qui le complicazioni sono legate soprattutto alla mancanza dei servizi principali. Nella maggior parte dei villaggi non c’è energia elettrica e si va avanti con i generatori di corrente. La rete idrica comunale e quella regionale non esistono e ci sono gravissime difficoltà legate alle fognature e allo smaltimento dei rifiuti. Anche le condizioni igienico sanitarie relative al trattamento degli alimenti non sono delle migliori.
Nonostante tutto, però, nel Paese si continua a investire in cultura e la protezione dei beni archeologici è tenuta in grande considerazione.
«Lo Stato – evidenzia il professor Ramez Badawi – non ha soldi sufficienti da offrire al Ministero della Cultura e delle Antichità. Tuttavia, ci sono tanti fondi che arrivano dalla Comunità Europea e dall’Unesco. Non mancano anche le donazioni private. Il Libano ha sempre lavorato per proteggere il patrimonio e cerca continuamente di migliorare le condizioni dei beni culturali esistenti.»
Non mancano anche gli aiuti che arrivano dall’Italia. Nelle rovine antiche di Tiro, per esempio, le reti di protezione che circondano il sito archeologico sono state piazzate dai caschi blu provenienti dallo Stivale. Anche i rapporti di collaborazione bilaterale con le nostre Università sono ottimi e la ricerca storica e archeologica sta facendo passi da gigante.
In tutto il Libano si continua a scavare per portare in luce i resti delle città fenice, sepolte sotto le rovine romane. Le ricostruzioni postbelliche hanno fatto emergere a Beirut un patrimonio di inestimabile valore, che sta dando agli studiosi la possibilità di ricostruire l’intera occupazione della città durante i secoli. Il recupero dei reperti è così sostanzioso che nella capitale si pensa ora alla realizzazione di una nuova esposizione permanente da affiancare al museo archeologico nazionale. Così anche a Tiro, Biblos, Baalbek, Tripoli e Sidone si stanno mettendo a punto diversi progetti per la creazione di musei pubblici e privati. Anche nei centri minori, inoltre, si moltiplicano le iniziative di valorizzazione archeologica volte ad attrarre turisti e visitatori.
Da qui l’appello del professor Ramez Badawi all’Italia. «I turisti italiani sono i benvenuti, per l’Italia nutriamo un amore particolare. La sicurezza è una questione relativa, c’è e non c’è in tutti i luoghi, ma questo non deve impedire alle persone di muoversi. La paura non serve a nessuno e deve prevalere la fiducia. Il Libano è un paese accogliente che ama gli altri e rispetta tutti.»
E in attesa che i viaggiatori tornino a solcare le strade libanesi, l’auspicio del professor Ramez Badawi è che la pace prevalga sui conflitti: «All’inizio di questo nuovo Millennio dobbiamo pensare al dialogo e alla possibilità di migliorare le relazioni tra tutte le culture. Fare meno guerre e produrre meno armi per favorire il rispetto di tutte le civiltà».
Un augurio condiviso anche dalla redazione di wereporter.it
Sabrina Fara