VIDEO – Zona Bianca: ecco l’intervista al sindaco di Bucha
«Vorrei spiegare a tutti gli spettatori che durante l’occupazione c’erano i check point e c’erano gli spari contro ogni via. Era molto pericoloso uscire per le strade per i civili, soprattutto dove c’erano le colonne delle truppe, ed erano nelle nostre vie principali, le tre vie principali. E praticamente i russi sparavano contro le auto, contro le persone a piedi, contro le persone che si muovevano in bicicletta. Non so perché avevano tutta questa paura dei civili, ma non li facevano avvicinare, li uccidevano. La foto che avete mostrato di Vlad, io vi prometto che noi aiuteremo in ogni modo possibile questo bambino, ma non potremo ridargli suo padre e la sua mamma. Ma faremo di tutto per far sì che questo bambino abbia un futuro e che sia un cittadino dignitoso e degno. Sua madre è morta perché non poteva avere le cure mediche, non poteva lasciare i sotterranei, la cantina. Se uscivi dai sotterranei venivi ucciso. È ciò che faceva l’esercito russo». Queste le parole del sindaco di Bucha Anatoly Fedoruk, intervistato in esclusiva da Giuseppe Brindisi nel corso della puntata di “Zona Bianca” – il programma di approfondimento in onda su Retequattro, nel momento in cui il giornalista ha mostrato al sindaco la foto di Vlad, un bimbo di 6 anni che ha portato un succo di frutta sulla tomba della madre.
Giuseppe Brindisi: «Sindaco, lei per primo è messo sul banco degli imputati perché nel primo video dopo la liberazione della sua cittadina non parla di fosse comuni, di morti per le squadre e quindi da lì i russi sostengono che sia una sua messa in scena. Lei cosa risponde?».
Anatoly Fedoruk: «Buonasera a tutti gli italiani, qui vorrei commentare e spiegare a tutti com’è andata. Durante tutto il periodo dell’occupazione sono stato insieme alla mia comunità e sono stato nascosto in tre diverse case private e il giorno della liberazione, il 30 marzo, avevamo già capito che le forze armate dell’Ucraina stavano già spingendo fuori dalla nostra città l’esercito russo e già il 31 marzo abbiamo potuto constatare la liberazione. Ero a 700 metri dall’amministrazione comunale, ho attraversato il parco, la strada, sono arrivato fino al comune e dopo ho registrato questo video. Erano ottime notizie dopo un mese di occupazione sia per me in quanto cittadino e in quanto sindaco, era un’ottima notizia che poi è andata in onda ma nessuno poteva nemmeno immaginare che i due distretti, microdistretti, il primo distretto chiamato Yablonka che si trova vicino alla città di Irpin e alla città di Kiev, nessuno poteva immaginare questo orrore, questo massacro come anche in un altro distretto dove si trovano le strutture, le colonie estive per i bambini durante l’estate. Durante l’occupazione russa, gli “orchi”, così chiamiamo i russi, praticamente avevano lì il loro posto di comando. Dopo, quando abbiamo visionato la città abbiamo visto di fatto ciò che hanno lasciato i russi e cosa hanno commesso qui, cos’hanno fatto qui ai cittadini della mia città e alle città circostanti perché dovete capire che nella via Yablonska questi corpi sono stati lì non per uno, due o tre giorni erano lì per moltissimo tempo. Alcuni cittadini delle città circostanti cercavano di scappare e di evacuare. Ho parlato con i cittadini, gli abitanti di questa via e hanno constatato che nessuno li aveva mai proposto una via d’uscita, un corridoio per l’evacuazione. La città di Bucha era suddivisa in 4 zone d’occupazione, le immagini che vediamo ora sullo schermo questa era la zona sotto i cosiddetti “khadirov” i mercenari ceceni erano i più crudeli. All’incrocio e anche nelle vie di Yablonska e Vokzalna e a distanza di un km c’era un’azienda dove abbiamo trovato i corpi di persone, fuciliati, giustiziati, torturati a morte. Un’altra zona è da tutta un’altra parte della città di Bucha e lì c’erano quelli dell’estremo oriente russo e durante l’occupazione gli abitanti potevano comunque vedere com’era questo esercito, queste truppe. Le persone cercavano di rivolgersi alle farmacie ma moltissimi ospedali, chiedo scusa per il collegamento. Motissimi non sono riusciti ad arrivare agli ospedali. Un cittadino su dieci durante l’occupazione è stato fucilato, giustiziato in modo cinico dai russi. Io ero nascosto in una casa privata all’incrocio di via lekacacisca e shevchenko e ho visto un’esecuzione di un’auto piena di persona che cercava di evacuare. Erano civili che si stavano cercando di muovere verso Kiev erano sulla via di fuga. I russi hanno sparato contro l’auto e l’uomo dentro cercava, supplicava e diceva per favore non uccidere mia moglie, è incinta ma hanno sparato a sangue freddo e l’hanno uccisa e questo povero uomo ha dovuto seppellire la propria moglie incinta e un bambino dentro una trincea utilizzata dai russi. Ho già detto che nel mondo civilizzato non vi è neanche una persona e non ci deve essere una persona che ancora possa credere nella propaganda russa, nella propaganda dei politici. Qua vedete le foto delle fosse comuni, in una fossa abbiamo trovato 40 civili con i segni di arma da fuoco, non sono segni di ordigni, sono stati giustiziati e 56 civili giustiziati, i loro corpi cadaveri trovati nella seconda fossa comune, tutto questo è stato fatto durante la riesumazione per cui tutto ciò dice che l’esercito russo stava commettendo il genocidio contro il popolo ucraino anche se è multietnico ma stiamo parlando del popolo ucraino. I loro comandanti, la leadership gli ha permesso, gli ha dato il via libera per commettere questo massacro. Stiamo parlando di atti terribili e perché li hanno commessi? perché hanno capito che non avrebbero mai preso Kiev».
Giuseppe Brindisi: «Un’altra delle contestazioni che le vengono fatte si riferisce al drappo bianco che molti avevano addosso, forse simbolo dei filo-russi. E dunque l’accusa che fossero filo-russi uccisi dagli ucraini. È così o no?».
Anatoly Fedoruk: «Di fatto la città di Bucha è stata occupata nei primi due giorni di guerra. Fino al 3 marzo l’esercito non entrava nel centro città e si trovava nella periferia e coloro che volevano scappare venivano costretti dai russi a mettersi addosso questo drappo bianco, in modo da far capire che erano civili. Per cui, tutti i civili che volevano uscire dalle proprie case erano costretti a indossare questi drappi bianchi, che uscivano dai sotterranei, dalle case dovevano indossare questo drappo bianco. È questa la spiegazione. Vi vorrei proporre un esempio: era il settimo giorno di guerra ed erano entrati negli uffici dell’amministrazione comunale e, comprendendo la situazione, c’erano solo due persone di turno tra cui Dymytro a cui abbiamo spiegato di dire che era solo un operatore sociale per fornire medicine e cibo. In realtà, lui si occupa già di queste mansioni e i civili conoscevano Dymytro come un operatore sociale. Sono entrati, l’hanno catturato, gli hanno messo un cappuccio, l’hanno torturato nei sotterranei ma, per fortuna, non l’hanno ucciso. È riuscito a sopravvivere, però dovete capire come agivano. Agivano come dei mostri, compivano orrori e praticamente in ogni centro abitato della nostra cittadina c’erano le stesse situazioni. Borodyanka, Makariv e ogni giorno sveliamo atti di questo comportamento disumano nei confronti dei civili innocenti».
Giuseppe Brindisi: «Cosa si sente di dire a coloro i quali hanno posto il sospetto che quei morti non fossero morti perché muovevano un braccio o una mano?».
Anatoly Fedoruk: «Io avevo già proposto al signor Lavrov e al signor Putin di recarsi presso la città di Bucha. Sono certo che arriveranno, ma non in una visita ufficiale ma come criminali di guerra per rispondere dei crimini commessi e per far sì che paghino per i crimini commessi. Ma per coloro che hanno ancora dei dubbi vorrei precisare che le forze dell’ordine ucraine, le varie autorità internazionali, sotto il controllo meticoloso dei media internazionali stanno riesumando ogni corpo, ogni cadavere e stiamo registrando tutto. Per cui, se avete dubbi, vi invito a visitare la città di Bucha e gli altri centri abitati circostanti e vedere con i vostri occhi questo massacro, questo eccidio. Penso che tutti abbiano capito che alla propaganda russa non si può più crede. Vorrei fornirvi un esempio: nell’est dell’Europa chiamano questa guerra su larga scala “operazione speciale”. Basta pensare a questo. Sto guardando le immagini e sto rivivendo ciò che ho già dovuto vivere. Dovete capire che subito avevamo constatato 163 morti, erano persone che conoscevo, ci lavoravo, le salutavo tutti i giorni, andavamo in Chiesa, a scuola. E io chiedo: perché? Perché uccidere un civile? Capisco che la guerra è sempre un male e ci sono le conseguenze, ma in modo così cinico perché hanno giustiziato quelle persone come prede da caccia?».
Giuseppe Brindisi: «Signor sindaco, cosa vi serve in questo momento? Noi sentiamo ogni giorno Zelensky chiedere armi per continuare questa guerra. Io chiedo a lei cosa vi serve per tornare alla vita».
Anatoly Fedoruk: «La città di Bucha è stata liberata dalle forze armate dell’Ucraina ma qui concordo con il presidente ucraino Zelensky: l’Ucraina, io stesso e ogni ucraino ha bisogno delle armi per difendere il nostro Paese. Non escludiamo la situazione che il nemico, la Federazione Russa, cercherà di nuovo di ripartire con l’offensiva contro Kiev. Nessuna città ucraina, soprattutto le città che sono al confine, tutte queste città sono un potenziale bersaglio, sono sotto i bombardamenti. Nella città di Kiev suonano le sirene antiaeree perché il nostro sistema di difesa missilistico ci segnala il pericolo. Finché non fermeremo l’esercito, finché non distruggeremo questo secondo esercito al mondo in Ucraina e nell’Europa orientale non ci sarà pace e non sarà serenità. Noi stiamo cercando di costruire le infrastrutture: non abbiamo riscaldamento, gas, acqua, approvvigionamento idrico. Tutto è stato distrutto e danneggiato. Ci serve tutto: le stazioni elettriche, distribuzione di gas, di approvvigionamento idrico. Non c’è niente, non c’era bisogno di distruggere tutto questo ma tutte le infrastrutture essenziali sono state distrutte. Stiamo cercando di ricostruire tutte le strutture in modo che i nostri cittadini possano tornare. Qui abitavano 503000 abitanti, adesso ci sono rimasti poco più che 3.000 abitanti e dobbiamo ora fare tutto il possibile per tornare alla vita. Noi lo faremo insieme con i nostri partner, alleati ma la pace e la sicurezza ci saranno soltanto quando vinceremo. Noi abbiamo bisogno delle armi e io mi chiedo: quanti ucraini ancora devono morire perché tutto il mondo capisca che questa guerra non sta accadendo solo in Ucraina? Oramai è una Terza guerra mondiale che è in corso e si parla di una causa che è in tutto il mondo occidentale, democratico e non ciò che ci sta cercando di imporre la Russia».
Giuseppe Brindisi: «Signor sindaco, posso farle una domanda personale? Abbiamo visto Zelensky con un’espressione nel visto che è totalmente cambiata dall’inizio della guerra fino ad oggi. Posso chiederle quanti anni ha lei?».
Anatoly Fedoruk: «Il 10 maggio compio cinquanta anni: anche io sono cambiato, ho tantissimi capelli bianchi ora, anche la barba è cresciuta. Purtroppo, abbiamo già vissuto tantissimo. Abbiamo vissuto ciò che ci ha cambiato per sempre e stiamo ora rivalutando la nostra vita. Ciò che per noi era importante prima. Ma ora siamo molto più forti, molti più uniti. In Ucraina vi è un’unità, un’unione senza precedenti che non c’è mai stata nei 30 anni di indipendenza del nostro stato. Capiamo, comprendiamo che questa è la nostra opportunità storica per la nostra generazione: ciò che non siamo riusciti durante l’Impero Cosacco o dopo quando ci siamo fidati ed eravamo entrati nell’Unione Sovietica. Al giorno d’oggi questa è una chance unica, se ci appoggiate, di rompere questo legame una volta per tutte con la Russia. Non siamo fratelli come diceva il nostro ex presidente Kucma: Ucraina non è Russia. Abbiamo fatto la nostra scelta per il progetto europeo e alla Russia ovviamente non piace questo. In conclusione, vorrei dire, sono sicuro che in studio e anche gli italiani capiranno: quando si sentono la comunicazione di un soldato russo con sua mamma e gli dice “nelle loro case hanno i water”… dovete capire qual è il loro livello, cioè loro sono stupiti dai beni normali per noi, dai confort che abbiamo. Il mondo deve capire questo e deve aiutare l’Ucraina: aiutando l’Ucraina aiutate anche i vostri Paesi e con la Federazione Russa una volta per tutte dobbiamo porre fine a questo legame, deve essere chiaro a tutti».
Giuseppe Brindisi: «Sindaco, in due parole, mi dica quanto era bella la sua Bucha».
Anatoly Fedoruk: «La nostra città è alle periferie di Kiev. È molto verde: sono i polmoni della capitale. C’erano tantissime strutture per bambini, colonie estive e tutte le infrastrutture. Avevamo tantissimi legami di gemellaggio con i Paesi Baltici, avevamo partner polacchi, tedeschi, avevamo partnership per le case di cura per bambini all’interno della nostra comunità c’era Vorzel, una cittadina di cura ancora ai tempi dell’Unione Sovietica e durante il periodo d’indipendenza dell’Ucraina svolgeva sempre queste funzioni. La nostra città era fatta di due parti: una della steppa e l’altra di aree boschive. La nostra città era vibrante, dinamica. Ogni anno circa 2.000 persone venivano qui e sceglievano la nostra città per viverci. Dopo il 24 febbraio è iniziata l’invasione, la guerra e tutto questo è stato fermato. Il 30% dei palazzi, dei condomini sono stati distrutti e non possono essere ricostruiti. Ma noi ricostruiremo tutto ma le vite umane non possiamo farle tornare. Grazie mille a voi che state appoggiando l’Ucraina. Gloria agli eroi».